Nella vita bisogna investire su se stessi, ma negli investimenti non bisogna investire su se stessi.
Sembra un gioco di parole ma è la verità per non incappare in un rischio sottovalutato che può ridurre drammaticamente il valore dei tuo patrimonio. Ti spiego perché bisogna diversificare e come farlo correttamente.
Il desiderio della maggior parte degli investitori è guadagnare senza correre rischi, e la prima regola che viene insegnata è quella della diversificazione.
Cosa significa diversificare?
Costruire un portafoglio variegato, non troppo sbilanciato su particolari tipologie di investimento, aree geografiche, settori e valute.
Esempi di mancata diversificazione
Vediamo alcuni dei più comuni errori:
Mancata diversificazione geografica
Un portafoglio investito solamente in azioni e obbligazioni americane non è diversificato dal punto di vista geografico. Stessa cosa se ci fossero solamente aziende europee.
Seppur dentro ad ogni area geografica ci siano tantissime aziende di settore diversi, certe dinamiche di mercato sono analoghe.
Ti riporto in linea di massima come è suddiviso il mercato azionario globale a livello geografico:
- 62 % USA;
- 5 % Giappone;
- 4 % UK;
- 3 % Cina:
- 3 % Francia;
- 3 % Canada;
- 2 % Svizzera;
- 2 % Germania;
- 2 % Australia;
- 2 % Taiwan;
- 12 % Restanti paesi.
Mancata diversificazione settoriale
Investire in sole azioni bancarie non rispetta la diversificazione settoriale.
Anche se sono banche sparse per tutto il mondo alcune dinamiche rimangono comunque comuni.
Per curiosità ti riporto come è suddiviso il mercato azionario mondiale:
- 21 % Informatica e tecnologico (IT);
- 17 % Finanziario;
- 12 % Industriale;
- 11 % Beni e servizi non essenziali (discrezionali);
- 9 % Sanitario;
- 8 % Telecomunicazioni;
- 6 % Beni consumo prima necessità:
- 5 % Energetico;
- 5 % Materiali (commodity);
- 3 % Forniture servizi (utilities);
- 3 % Immobiliare (real estate).
Mancata diversificazione valutaria
È un aspetto simile alla diversificazione geografica, ma da conoscere. Un risparmiatore Italiano che utilizza solamente strumenti quotati in dollari non diversifica l’aspetto valutario.
Un ribasso del dollaro potrebbe affossare i suoi investimenti anche se le aziende hanno un andamento positivo.
Le valute più scambiate al mondo sono così ripartite:
- 85 % Dollaro Statunitense (USD);
- 39 % Euro (EUR);
- 19 % Yen Giapponese (JPY);
- 13 % Sterlina Britannica (GBP);
- 8 % Dollaro Australiano (AUD);
- 6 % Franco Svizzero (CHF);
- 5 % Dollaro Canadese (CAD);
- 25 % Altre valute.
In ogni scambio sono coinvolte due valute, la sommatoria è quindi 200 %.
Mancata diversificazione per numerosità degli strumenti
Può essere utile considerare anche il numero degli strumenti in portafoglio: avere 5.000 € nell’azione A + 5.000 € nell’azione B è diverso da averne 2.500 € in A + 2.500 € in B + 2.500 in C + 2.500 € in D.
Nel primo caso se una delle due aziende dovesse fallire ci troveremmo con metà portafoglio perso, nel secondo caso, invece, solo una piccola fetta verrebbe azzerata.
Ma se A, B, C e D facessero parte dello stesso settore? potremmo essere comunque in difficoltà.

Mancata diversificazione per idee
Questo aspetto è una piccola battaglia personale frutto della mia esperienza professionale, difficilmente quindi troverai altri consulenti finanziari a spiegartelo.
Trovi tutto in questo mio specifico approfondimento.
Ora che ti è più chiaro il concetto della diversificazione, entriamo nel dettaglio
L’investitore nelle sue scelte è spesso influenzato da uno dei più classici errori cognitivi, l’home bias, cioè lo scegliere strumenti d’investimento inerenti il proprio ambito lavorativo, città o nazione.
È classico l’esempio di Parmalat: i piccoli risparmiatori che hanno investito nelle azioni/obbligazioni della nota azienda Parmense erano spesso residenti sul territorio; stessa cosa seppur senza fallimenti o crac per i Modenesi e la Ferrari, o i Torinesi e la Fiat.
Perché? perché magari ci lavori o vedi ogni giorno lo stabilimento dalla finestra di casa o usi i loro prodotti. Hai quindi confidenza, o almeno hai questa percezione (bias della familiarità).
Raramente l’investitore medio italiano comprerà azioni di una solida e profittevole azienda sconosciuta di Stoccarda, opterà più facilmente per quelle della banca dove ha il conto.
Cosa voglio dirti? Che è probabile che tu cada prima o poi nella tentazione di chiedere al tuo consulente “Compriamo un fondo o ETF che investe nell’industria automobilistica?“, e magari lavori proprio in una azienda del settore o del relativo indotto produttivo.
Oppure accetti con entusiasmo la possibilità di ricevere come bonus detassato le azioni dell’azienda per la quale lavori.
È un po’ anche quello che avviene quando decidi di comprare dei BTP (leggi il mio approfondimento).
Quali sono le conseguenze di questo approccio, e come correre ai ripari
Nessuno potrà mai escludere una prossima forte crisi del settore automobilistico e, conseguentemente, la perdita del tuo posto di lavoro. Cosa farai quindi? utilizzerai i risparmi investiti, ma… il loro valore si è dimezzato, come mai?
Perché erano investiti quasi tutti nello stesso settore in cui lavoravi tu, lo stesso colpito dalla crisi, lo stesso con il quale avevi familiarità.
È una ipotesi certamente avversa che ho voluto ricreare per renderti chiaro il messaggio, ma è una variabile da considerare, dato che spesso l’investitore tende a farsi influenzare da paure inerenti casistiche meno probabili.
Ogniqualvolta un cliente inizia a prendere confidenza con il mondo della finanza, volendoci mettere un pizzico di suo, cade in questa trappola mentale.
Questo discorso può essere esteso anche all’aspetto geografico
Sei un imprenditore e la tua azienda italiana non esporta? una crisi dei consumi in Italia potrebbe metterla in difficoltà? ritagliati una fetta di portafoglio che non abbia legami stretti con l’Italia (cosa che andrebbe fatta in ogni caso).
Oppure: lavori per una azienda che ha un fatturato alimentato quasi interamente dalle esportazioni verso l’India? allora non destinare una fetta consistente del tuo portafoglio in strumenti che investono in India, seppur magari tu ti ritenga ormai il massimo esperto dell’India.
Magari molti analisti daranno quel paese come ottimo porto per i tuoi investimenti, ma tu devi essere abile nell’analizzare prima di tutto la fonte e le dinamiche delle tue entrate, e poi cosa è bello e cosa è brutto.


Settori con analogie
Uno spunto interessante su larga scala può essere dato dai settori ciclici e difensivi, considerando però che il loro andamento non sempre è così semplificabile:
I settori Ciclici
Sono influenzati dal ciclo economico, quindi se l’economia va bene tendenzialmente crescono, viceversa perdono valore.
- Materie prime/commodity come petrolio, gas, alluminio, rame, argento, zucchero, cereali, cacao etc.;
- finanziario, quindi banche e assicurazioni;
- Immobiliare;
- Tecnologico;
- Industriale;
- Beni durevoli come il settore automotive, elettrodomestici, arredamenti etc.
Settori difensivi o anti ciclici
Sono meno influenzati dall’andamento dell’economia, hanno quindi orientativamente un andamento stabile, meno profittevole però nelle fasi di espansione.
- Sanità;
- Farmaceutico;
- Servizi pubblica utilità (Utilities) come i fornitori di Acqua, Luce e Gas;
- Alimentare;
- Energetico, quindi ad esempio aziende che estraggono petrolio o lo raffinano;
- Telecomunicazioni.
Se lavori quindi in una impresa di costruzioni, potrai sicuramente investire una fetta del tuo portafoglio nel settore finanziario, ma dovrai essere consapevole che potrebbe non bastare in caso di shock dei mercati, essendo entrambi settori ciclici.
Caso studio virtuoso: Norvegia
La Norvegia negli anni ‘90 ha deciso di fare fruttare i proventi in eccesso (surplus) generati dalle proprie attività di estrazione di gas e petrolio nel Mar del Nord.
Una scelta lungimirante per garantire una ricchezza alle future generazioni, considerando che le risorse naturali non sono illimitate. Una sorta di fondo previdenziale pensionistico.
Le autorità scandinave hanno quindi creato il fondo sovrano “Government Pension Fund Global” (GPFG), nel quale versare periodicamente queste somme, adottando però delle strategie d’investimento semplici e non scontate per quei tempi.
La gestione è affidata alla unità di gestione patrimoniale “Norges Bank Investment Management” (NBIM) della banca centrale norvegese (Norwegian Central Bank).
Come hanno gestito questa ricchezza crescente
Hanno fissato delle regole chiare:
- quota azionaria max 70 %;
- quota obbligazionaria max 30 %;
- quota immobiliare max 7 %;
- no Investimenti sul territorio norvegese;
- investimenti limitati su singoli titoli (concentrazione);
- limite massimo di prelievo annuo;
- attenzione ai temi di sostenibilità ambientale, sociale e governance (ESG).
Oggi investe in:
- oltre 8.000 azioni in più di 60 paesi;
- oltre 1.500 obbligazioni in più di 45 paesi;
- oltre 900 immobili in più di 10 paesi;
- oltre 5 infrastrutture per le energie rinnovabili in più di 5 paesi.
Chapeau!


Che risultati hanno ottenuto
Questa gestione snella e ponderata, per nulla concentrata sulla speculazione o ricerca dell’affare/trend del momento, ha portato risultati eccellenti, con un rendimento medio annuo di circa il 6 % al netto di costi e inflazione.
Un rendimento medio annuo del 6 % in un investimento di ipotetici 5 anni, significa guadagnare circa il 30 %.
Se pensiamo che, come spiegato in questo mio articolo, il TFR che tanti italiani lasciano in azienda o presso l’INPS ha una rivalutazione annua ridicola, possiamo solo che essere invidiosi.
Cosa ci insegna questa storia
Sui mercati azionari o comunque con un investimento bilanciato azionario, si possono ottenere risultati di rilievo con poche regole:
- diversificazione settoriale e geografica;
- no investimenti nella propria nazione;
- semplicità;
- obiettivi chiari e definiti;
- tempo e pazienza.
E come già spiegato in questo mio approfondimento sulle notizie di borsa, si può spegnere la televisione e smetterla di farsi condizionare dalle continue notizie sui mercati finanziari.
Che regole seguire
I singoli obiettivi di un risparmiatore influenzano le variabili in gioco, ma qualche consiglio valido per tutte le stagioni te lo lascio:
- Se investi direttamente in azioni e obbligazioni non limitarti a pochi titoli;
- No ai campanilismi (il mondo è pieno di opportunità d’investimento: USA, Europa, Africa, Asia, Oceania… e la storia ci insegna che ad esempio il mercato azionario italiano è tra i meno redditizi ma tra i più volatili in Europa);
- No ai titoli di stato italiani come spiegato in questo mio articolo sui BTP;
- Non essere troppo fedele a una sola casa d’investimento (leggi il mio articolo in merito);
- Poche correlazioni dirette (no solo titoli ciclici o solo titoli difensivi);
- Se ami gli ETF, e nella tua strategia di lungo periodo lavori giustamente con degli azionari internazionali, gira 1/3 o 1/4 su qualcosa sempre di azionario internazionale ma “equal weigh” di modo da avere una esposizione agli USA non eccessiva;
- Ma soprattutto, non investire tutto dove vivi e mangi!
Bene, sono curioso: per caso sei già caduto in questo “errore”? In futuro terrai a mente questi concetti importanti? Il tuo consulente prima di creare il portafoglio ha approfondito le fonti delle entrate del tuo nucleo familiare?