E’ un classico delle persone pessimiste, o che in passato hanno avuto brutte esperienze in borsa: “I soldi li tengo sotto al materasso così non perdo”. Niente di più sbagliato.
Non mi stancherò mai di ripeterlo, ma tenere i soldi “sotto al materasso”, cioè fermi sul conto o in cassaforte, equivale ad una perdita certa, ed è un paradosso dato che chi segue questo approccio non vuole perdere nulla.
Le cause di tutto questo sono le tasse ma soprattutto l’inflazione.
Il male minore: le tasse
Se sul conto corrente/libretto hai mediamente più di 5.000 € paghi ogni trimeste allo stato un’imposta di bollo di 8,55 € (100 € annui invece se sei una azienda/partita iva).
Nulla di incredibile, ma 5.000 € lasciati sul conto costano ogni anno lo 0,68% per i privati e il 2% per le aziende. Già molte persone con un investimento in perdita dello 0,50% mostrerebbero segni di stress.
All’aumentare del saldo di conto l’importo dei bolli rimane fisso quindi l’entità della tassa fortunatamente va riducendosi.
Il male maggiore: l’inflazione
Già citata più volte dal sottoscritto, ci tengo comunque ad enfatizzare questa nozione, dato che è alla base di qualsiasi “non investimento”.
Cos’è l’inflazione
L’inflazione è un incremento generalizzato e continuativo dei prezzi di beni e servizi. L’ISTAT lo misura periodicamente fornendo il tasso d’inflazione.
Fondamentale per il suo calcolo l’individuazione di un paniere di prodotti e servizi dai quali rilevare i prezzi (abbigliamento, elettrodomestici, cibo, carburanti, assicurazioni, affitti…). Di questi panieri ne esistono diversi e sono alla base dei vari Indici dei Prezzi al Consumo: NIC, FOI e IPCA.
Ognuno di essi ha pregi e difetti, o si presta meglio a specifiche rilevazioni. Quando nei telegiornali italiani parlano di inflazione, si riferiscono a quella rilevata tramite il NIC, che è l’indice dei prezzi più ampio e generico.
Cosa muove l’inflazione?
Difficile dirlo con certezza, dato che ogni epoca o ciclo economico sperimenta variabili inflazionistiche diverse. In ogni caso, almeno teoricamente, alcune considerazioni possiamo farle:
Nei periodi di crescita economica l’aumento della domanda di beni e servizi causa un fisiologico aumento dell’inflazione: chi vende alza i prezzi perché sa che i suoi prodotti verranno comunque richiesti o perché sono limitati; il maggior utile conseguito permetterà di aumentare gli stipendi, fornendo quindi alla popolazione maggiore capacità di spesa, e così via.
Oppure aumentano i costi delle materie prime (carbone, petrolio, gas, energia, ferro…), che a loro volta influenzano i prezzi finali dei beni, dato che i produttori non vorranno perdere margine di guadagno. Se a fronte di costi di produzione pari a 80 € vendevano il prodotto a 100, adesso con costi di produzione a 85 lo venderanno a 105.
Anche le politiche monetarie muovono l’inflazione dato che un eccesso di moneta sul mercato può portare a un deprezzamento del suo valore, spingendo al rialzo l’inflazione. Per aumentare la moneta in circolazione le banche centrali riducono i tassi, permettendo a privati e aziende di finanziarsi maggiormente e ottenere quindi denaro, sperando che questo porti a un aumento di produttività, investimenti non finanziari, consumi e occupazione, quindi inflazione.
Qual’è il suo valore ideale?
L’obiettivo della Banca Centrale Europea è di tenerla attorno al 2%.
Ciò significa che in una sana economia efficiente tra un anno, il modello equivalente della lavatrice che hai appena comprato a 300 €, costerà 306 €; il tuo stipendio aumenterà del 2% e di conseguenza il tuo datore di lavoro aumenterà il listino prodotti/servizi del 2% e così via.
Cosa succede se aumenta troppo?
A seconda dell’intensità dell’aumento si parla di inflazione strisciante, galoppante, e iper. Se queste fasi non vengono immediatamente contrastate si arriva a crisi devastanti, poiché a fronte del repentino rialzo dei prezzi tutto il resto non aumenta di pari passo, in particolari gli stipendi fissi.
Statisticamente sono poi rilevanti le crisi politiche e sociali scaturite dopo periodi di iperinflazione.
Cosa succede se diminuisce eccessivamente o diventa assente?
La deflazione è un evento raro ma dai risvolti nefasti, perché se ogni mese vedo i prezzi scendere, sarò disincentivato a spendere oggi, rimandando gli acquisti.
E’ chiaro come questo sia un colpo di grazia per l’economia di un paese, dato che le aziende vedranno un calo degli utili con conseguenti licenziamenti. Ci saranno quindi meno persone con potere di acquisto e questo porterà i prezzi ancor più al ribasso, fino al collasso.
Cosa comporta tutto questo per i miei risparmi?
Se l’obiettivo delle banche centrali è di tenere sempre l’inflazione vicina al 2%, dovrò considerare che la parte del mio patrimonio priva di remunerazione, come appunto il conto corrente, ogni anno perderà l’esatto ammontare del tasso d’inflazione, cioè anche un 2%.
Si, si sta avverando proprio l’incubo delle tante persone avverse agli investimenti e fiere di lasciare tutto sul conto: perdere soldi.
Purtroppo questo meccanismo non è semplice da digerire, poiché alla fine come visto se oggi ho 50.000 € sul conto, a fine anno saranno ancora lì (a parte i 34,20 € di bolli e le eventuali spese bancarie) ma con quei 50.000 € non potrò più comprare il modello di auto equivalente a quella vista a gennaio.
E’ esattamente come un rubinetto dell’acqua che perde: non morirò di sete, ma avrò comunque meno acqua.
Proviamo anche a parlare di cifre e non di percentuali: se io sul conto a gennaio ho 50.000 €, a fine anno, con una inflazione al 2%, avrò lasciato per strada 1.000 €!
“Ma anche con gli investimenti si possono perdere soldi!”
Certo, ma i numeri parlano chiaro: con un ampio orizzonte temporale si possono portare a casa ottimi guadagni, senza particolari rischi, e questo te l’ho spiegato bene in questo mio articolo. Perché quindi andare in contro a una perdita certa?
E il famoso “ampio orizzonte temporale” spesso molte persone nemmeno sanno di averlo, poiché se il saldo di conto medio degli italiani ammonta mediamente a 16.000 € (fonte Gruppo MOL), se l’investimento tipico è nel mattone (in bocca al lupo) e nei titoli di stato con durata media 7 anni (fonte BankItalia), qualcosa non torna.
“Vabbè ma ho comprato dei BTP a 10 anni che mi rendono il 2%”
Certo, per 10 anni guadagnerai il 2% annuo. Quando poi l’inflazione sarà al 2% al netto dell’operazione non avrai guadagnato nulla, correndo comunque dei rischi.
In 10 anni con un investimento azionario diversificato (es. Fondi/ETF) guadagnerai certamente di più.
Quindi cosa fare?
Non lasciare i tuoi soldi sul conto a marcire sotto l’effetto silenzioso dell’inflazione.
Nel già citato mio articolo trovi consigli sempreverdi, perché con un bel portafoglio diversificato, ma soprattutto low cost, ti proteggi dall’inflazione e porti a casa guadagni utili a te e alla tua famiglia.
Quando poi al bar sentirai la solita battuta “io con il cavolo che li metto in borsa i miei soldi”, fatti una sana risata. Tu guadagnerai, loro invece senza saperlo, perderanno ogni anno dei soldi, come un rubinetto rotto.
Lascia un commento